Plastic Tax 2023: che cos’è e come funziona
Iscriviti ora! Ricevi il 5% di sconto.
Iscrivendoti alla nostra newsletter otterrai il 5% di sconto sul tuo primo ordine.
Adesso sei iscritto!
In questo articolo:
Bando alle ciance… e alla plastica!
Si è dato il via libera a una nuova proroga della Plastic Tax al 2024. Questa imposta sul consumo di plastica monouso doveva entrare in vigore a luglio 2020, subendo poi ulteriori slittamenti al 1° gennaio 2021 e, ancora, al 1° luglio 2021.
Salutata poi la Legge di Bilancio 2021, che cede poi il posto a quella del 2022, la tassa sulla plastica è stata ulteriormente rinviata al nuovo anno, a e quello dopo ancora.
Dobbiamo, dunque, aspettare il 2024 per l'imposta sui manufatti in plastica con singolo impiego, conosciuta come MACSI, che prevede il pagamento di 0,45 euro per ogni chilogrammo di materia plastica.
Per la plastica monouso, invece, la campanella è suonata già da tempo.
Dopo (anche qui) un susseguirsi di proroghe, dal 3 luglio 2021 l’Italia e gli altri Stati membri dell’Unione Europea sono stati chiamati ad adottare la direttiva Ue 904, la cosiddetta “Sup”, ovvero single-use-plastic.
Ma andiamo con ordine. In questo articolo analizzeremo nel dettaglio:
-
Che cos’è la Plastic Tax
-
Cosa sono i Macsi? E chi li paga?
-
Cos'è la Direttiva Sup, ovvero la Single use plastic
-
Cosa sono le bioplastiche?
-
Alternative alla plastica monouso: come preparare la tua azienda
Che cos’è la Plastic Tax
La super star di questi provvedimenti da assumere o già assunti contro l’inquinamento globale è di certo la norma chiamata Plastic Tax.
Si tratta della legge che introduce una tassazione speciale che riguarda le aziende produttrici di plastica non riciclabile.
L’obiettivo è quello di disincentivare il commercio e l’utilizzo di uno tra i materiali che inquina di più al mondo (continuando a leggere scopriremo nel dettaglio in che modo).
A quanto ammonta la tassa? L’imposta è di 45 centesimi per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto, i cosiddetti MACSI.
Cosa sono i MACSI e chi li paga?
I MACSI sono tutti quei prodotti impiegati per il contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci, anche in forma di fogli, pellicole o strisce, messi sul mercato per un singolo impiego e non progettati per essere riutilizzati.
La nuova tassa graverà principalmente su:
- Le aziende produttrici di MACSI nel territorio italiano
- L’acquirente dei MACSI
- L’eventuale importatore di prodotti MACSI da Paese terzi
Tra le nuove regole, viene inoltre fissata a 25 euro, anziché 10 euro come in precedenza, la soglia di esenzione dell'imposta derivata dalle dichiarazioni trimestrali.
Ma chi si occupa delle attività di accertamento, verifica e controllo dell’imposta?
Sono i funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che hanno il compito di accertare la corretta applicazione delle disposizioni in esame, accedendo presso gli impianti di produzione di MACSI.
Per chi non pagherà la Plastic Tax, o adempirà al pagamento in ritardo o ancora ritarderà nella presentazione della dichiarazione, saranno ovviamente previste sanzioni amministrative.
Come abbiamo visto, c’è ancora tempo per mettersi in regola ed evitare di pagare l’imposta poiché l’entrata in vigore della Plastic Tax è stata posticipata da gennaio 2021 al 1° gennaio 2022.
Il discorso cambia, invece, per la Direttiva Sup.
Di cosa tratta la Direttiva Sup, ovvero la Single use plastic?
Prendendo come linea guida la legislazione dell’Ue già esistente, l’obiettivo della Direttiva Sup, in vigore dal 3 luglio 2021, è quello di vietare e disincentivare la produzione e commercio della plastica monouso.
Quella stessa plastica che ci ritroviamo abbandonata sulle spiagge.
Quella stessa la plastica che, una volta negli oceani, non sparisce mai, e che sta sterminando l’intera fauna marina.
Stop, quindi, alle stoviglie di plastica come piatti, posate, bicchieri, alle cannucce, ai cotton fioc, ai tappi, ai coperchi, ai prodotti in polistirolo espanso, ai palloncini, ai contenitori in polistirene espanso (EPS) per bevande, tazze e consumo immediato o asporto di prodotti alimentari, e agli articoli monouso in plastica oxodegradabile.
In poche parole: plastica sì, ma solo quella riutilizzabile.
E se l'Ue per limitare l'utilizzo della plastica monouso mette in campo campagne di sensibilizzazione, l'introduzione di nuovi requisiti di progettazione ed etichettatura sulle opzioni di smaltimento e sui danni all'ambiente, con nuovi obblighi di gestione dei rifiuti, la stessa Ue si pone due obiettivi:
- il 77% delle bottiglie di plastica riciclate entro il 2025 e il 90% entro il 2029
- le bottiglie per bevande in PET dovranno avere almeno il 25% di plastica riciclata dal 2025, aumentando la percentuale al 30% nel 2030
Quindi al posto dei prodotti di plastica monouso, sono benvenute le alternative fatte di materiali riciclabili, completamente biodegradabili e a bassissimo impatto ambientale.
E le plastiche biodegradabili?
Cosa sono le bioplastiche?
Secondo queste linee guida, oltre a dire addio alla plastica monouso, è necessario includere nel discorso anche la plastica biodegradabile, che viene considerata alla stregua della vera e propria plastica.
E questo dipende dal fatto che le bioplastiche non solo tutte uguali e non si biodegradano tutte allo stesso modo.
Quello che rende un materiale biodegradabile non riguarda tanto la materia prima di cui è composto, quanto la sua struttura chimica.
Quindi l’impatto che ha un materiale sull’ambiente è correlato al tempo che questo impiega a biodegradarsi.
Se infatti la definizione di bioplastica è quella di plastiche ottenute con elementi biodegradabili e compostabili, ci sono due differenze:
- c’è la bioplastica creata da una pasta di acido lattico, amido (di mais, frumento, patate, tapioca, riso) o gli scarti della lavorazione del petrolio
- e c’è quella che deriva da microrganismi alimentati con zuccheri o lipidi (ad esempio i sacchetti della spesa per i prodotti alimentari)
La direttiva, però, dà l’ok solo a prodotti fatti con i polimeri naturali e non modificati, come la cellulosa.
Quindi le bioplastiche e plastiche vegetali, a prescindere dalla loro origine (fonti rinnovabili o petrolchimiche), rientrano tra i polimeri modificati chimicamente. Quindi vietati.
Questo perché allo stato attuale non è possibile stabilirne né gli effetti ambientali sul breve periodo né i tempi di biodegradazione al di fuori degli impianti di compostaggio.
Una specifica che preoccupa le aziende italiane, che sono responsabili del 66% di tutta la plastica biodegradabile d’Europa.
In attesa di altre linee guida, quali sono i prossimi passi da fare?
Alternative alla plastica monouso: come preparare la tua azienda
Le grandi aziende si sono già mosse adottando dei nuovi packaging riciclabili o già riciclati, abbracciando il piano d’azione per l’economia circolare.
Ma di cosa si tratta?
Leggendo la definizione della Commissione Europea, vediamo come l’economia circolare sia
"Un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile".
Quindi grazie all'uso di energie rinnovabili e a un design smart e semplice da riciclare, si diminuisce la produzione di gas serra e sceglie un percorso più responsabile.
Seguendo questa linea di pensiero volta alla sostenibilità, l’obiettivo a cui puntare è quello di ridurre la produzione e il commercio di tutti i materiali usa-e-getta, di plastica o meno, e di prediligere packaging sostenibile e imballaggi riciclabili.
Le scatole Packhelp, ad esempio, sono prodotte secondo il codice FEFCO e qui puoi scoprire i vantaggi di questo certificato.
Andando però oltre il packaging, sei sicuro che tutti gli elementi dei tuoi imballaggi siano eco-friendly?
Usa la carta per sostituire gli elementi in plastica della tua confezione
Se con la tua azienda sei passato al lato "green" scegliendo scatole di carta personalizzate, ciò non significa che tutta la plastica sia stata rimossa dal tuo packaging.
Il nastro adesivo è parte integrante della confezione del prodotto. Protegge in modo sicuro i tuoi prodotti e assicura che arrivino a destinazione nello stesso modo in cui sono usciti dal tuo negozio o magazzino.
Il problema è che molti nastri adesivi sono a base di plastica e quindi finiscono nell'ambiente e nelle discariche, proprio come la maggior parte delle plastiche monouso.
Passare a un'alternativa ecologica come il nastro adesivo kraft garantirà la sostenibilità del tuo prodotto. Questi nastri sono realizzati con carta marrone naturale o bianca ricoperta di colla naturale.
Anche i riempitivi in plastica dentro alle scatole possono essere sostituiti da alternative ecologiche che garantiranno comunque la protezione dei tuoi prodotti. Ad esempio sostituendola con un'alternativa sostenibile come la carta velina personalizzata.
Questa modifica non solo ridurrà la tua impronta di carbonio, ma probabilmente migliorerà l'esperienza di unboxing per i tuoi clienti.
In Packhelp abbiamo una gamma di prodotti ecologici per aiutare i marchi come il tuo a diventare più sostenibili. Clicca qui per avere un preventivo!